La pace è l’obiettivo ultimo di ogni conflitto. Pace e conflitto rappresentano un dualismo nel quale l’una non può esistere senza l’altro, è da questa contrapposizione di sentimenti che ha origine il nostro racconto.
Un lungo e angosciante sentiero che corre tra due alti muri neri si interrompe attorno ad un piccolo giardino, dove vengono posizionate tutte le funzioni del programma.
Pace e conflitto si affrontano: il disagio che si prova lungo il sentiero alienante e la liberazione da esso, quando i propri sensi trovano rifugio nello spazio del giardino.
Il padiglione è uno spazio prevalentemente introverso, ma la tensione non si esaurisce nel momento in cui il piccolo edificio si confronta con il vasto spazio urbano che lo contiene. La superficie alta e lunga delle pareti diventa lo spazio espositivo dove vengono raccolti i pensieri che ogni uomo e donna hanno sul tema della pace.
Il muro diventa una raccolta di opere, portatore di messaggi. Berlino, Belfast, Gerusalemme ci servono da insegnamento. È la raffigurazione dell’idea del superamento delle barriere, grazie al bisogno umano di abbatterle per trovare una concreta idea di pace.
La nostra proposta si fonda sull’utilizzo di materiali poveri, impalcature esili e leggere, ricoperte da materiale rimovibile, e intercambiabile: il padiglione è in costante rinnovamento. Un contenitore di gesti collettivi diventa così un pezzo d’arte sociale.
Marco Cellini
Giulia Pecol
Federico Mentil
Placido Luise
Giulia Pecol
Menzione speciale